Tutte le foto di Un Mese a Testa in Giù (a colori)

Le parole e le fotografie sono entrambi strumenti meravigliosi ma incompleti se servono a raccontare un’esperienza: le parole possono essere dosate per tentare di restituire un’immagine, ma non potranno mai sostituire un’immagine vera e propria. Le fotografie immortalano un’istante nel tempo all’interno di un’inquadratura scelta, ma per quanto possano essere belle o evocative, gli manca quella libertà espressiva e narrativa che un testo scritto può dare. È dalla combinazione tra letteratura e immagine che si può ricavare un quadro più completo della realtà: per questo in Un Mese a Testa in Giù – Racconto di un viaggio in Cile e Bolivia tra scienza storia e disavventure ho deciso di accompagnare il testo con numerose fotografie che ho scattato durante il viaggio, immagini che completano il testo per cercare di dare un’espressione più completa alle parole del libro.

Perché le fotografie di Un Mese a Testa in Giù sono in bianco e nero?

È innegabile che gran parte delle fotografie che si trovano all’interno di Un Mese a Testa in Giù avrebbero reso meglio a colori, perché ritraggono luoghi ed esperienze di cui il colore è un elemento fondamentale. Tuttavia abbiamo preferito pubblicarle in bianco e nero: inserire le immagini a colori avrebbe fatto lievitare il prezzo di copertina del libro, rendendolo meno accessibile. Non è solo un’esigenza editoriale, è anche una scelta etica: un libro che costa troppo impone una selezione tra chi potrà leggerlo e chi non potrà permetterselo, riducendo l’accessibilità alla cultura.

Tuttavia possiamo approfittare delle possibilità che il web offre: in questo spazio ho inserito tutte le fotografie di Un Mese a Testa in Giù (e anche qualcuna in più), a colori e in alta qualità.

Tutte le fotografie di Un Mese a Testa in Giù a colori divise per capitolo

Cliccando (o tappando se state usando uno smartphone) sul nome del capitolo, si espanderanno i contenuti che lo riguardano. Tra le fotografie si trovano anche alcuni brevi brani estratti dal libro.

I Finestrinofili La fine del volo ci ripagò di tutte quelle ore di buia sofferenza. Arrivammo giusto in tempo per vedere l’alba sulle Ande, con i primi raggi solari che sferzavano la cima della Aconcagua, donando una tinta rosa alla neve candida. Con i suoi 6.962 metri sul livello del mare, la Aconcagua è la cima più alta di tutte le Americhe e dell’emisfero australe, nonché una delle sette cime più alte del mondo ma, soprattutto, è la più alta da noi mai vista. Vederla innevata all’alba, anche se per pochi minuti e con il peso di oltre 14 ore di viaggio sulle spalle, fu veramente un’emozione, un piccolo preambolo di tutto ciò che avremmo provato nel corso di quel mese.
Sorvolo della Aconcagua al nostro arrivo in Cile @ Boeing 777
Santiago Santiago è il cuore pulsante dell’economia cilena: grattacieli, musei moderni e all’avanguardia, trasporti efficienti e puliti, tutto sembrava essere in ordine come si richiede a una grande capitale. Tuttavia, mentre i passi ci portavano verso il nostro alloggio in periferia, le palazzine ottocentesche lasciarono rapidamente posto a costruzioni squallide, mostri di cemento alternati a case fatiscenti, mini-market senza alcuna identità al posto delle sfarzose catene di negozi illuminati a giorno anche di notte, i muri ovunque ricoperti di scritte a indicare il disagio politico e sociale vissuto dagli abitanti di quei quartieri.
Uno scorcio sulle Ande da Santiago de Chile
La statua di Caupolicán che si trova sul Cerro Santa Lucía.
Valparaíso Quella a Valparaíso fu una visita assurda, perché assurda è quella città. Si può cercare di usare termini differenti, complesse e ricercate locuzioni da critica letteraria, ma la verità è che non si può descrivere con una semantica corretta un posto che di corretto non ha nulla. Valpo è forse uno dei pochi luoghi al mondo in cui le parole che per qualunque città descriverebbero aspetti di cui lamentarsi assumono un’accezione positiva. Avete presente le città del Nord Europa, pulite, con infrastrutture efficienti e moderne, gli edifici ben organizzati e in ordine? Ecco, Valparaíso è esattamente l’opposto, e proprio in questo risiede tutta la sua smisurata bellezza.
La vision de la vida es un momento @ Valparaíso
@ Valparaíso
@ Valparaíso
@ Valparaíso
@ Valparaíso
Ascensor Artilleria. @ Valparaíso. Gli ascensores, funicolari traballanti costruite a cavallo tra il XIX e il XX secolo per risalire dal porto alle abitazioni, sono forse uno dei simboli della città, colorati e tranquilli mentre salgono sferragliando faticosamente su per i cerros, con i mille colori dei container del porto commerciale sullo sfondo.
La nave della marina militare nel porto di Valparaíso. A Valpo nessun accostamento azzardato sarebbe sembrato fuori luogo, neppure un’attività industriale nel bel mezzo del mondo dell’arte, neanche le grigie navi della marina militare cilena che sorvegliano un porto che di grigio non ha più nulla.
Il pinguino che non ti aspetti Al di sopra delle rocce, senza esagerazione alcuna, migliaia di uccelli starnazzavano al sole, macchie bianche, nere e grigie si muovevano senza sosta, becchi gialli e arancioni si scontravano in segno di sfida, ali si spalancavano orgogliose nella fugace danza dell’amore; gli avvoltoi banchettavano con i loro simili mentre i cormorani si asciugavano il piumaggio al sole. Non avevamo mai visto così tanti animali in un solo posto, se si fa eccezione per la metropolitana nell’ora di punta.
@ Reserva Nacional Pinguino de Humboldt, Isla Choros
Sulla sinistra un pinguino di Humboldt (Spheniscus humboldti) @ Reserva Nacional Pinguino de Humboldt, Isla Choros
@ Reserva Nacional Pinguino de Humboldt, Isla Choros
@ Reserva Nacional Pinguino de Humboldt, Isla Choros
Una lontra che riposa placida sulle rocce della Isla Damas. @ Reserva Nacional Pinguino de Humboldt
Un’imbarcazione dei pescatori di Punta de Choros@ Reserva Nacional Pinguino de Humboldt, Isla Choros
Alghe del genere Lessonia distese a essiccare al Sole. @ Punta de Choros
Vista della Isla Damas dall’imbarcazione @ Reserva Nacional Pinguino de Humboldt. La nostra era la Argos II, seconda versione della mitica nave che portò Giasone e i suoi argonauti al vello d’oro. I nostri giasoni erano un muto timoniere dai duri caratteri indigeni e un pescatore improvvisatosi guida naturalistica, in piedi, che per farsi sentire doveva urlare cercando di sovrastare il fracasso dell’oceano.
Il cielo dell’Atacama Dopo il cielo, o forse proprio grazie al contrasto con esso, la prima cosa che mi colpì di San Pedro fu il colore delle costruzioni. L’adobe, argilla mista a paglia e sabbia cotta sotto i caldi raggi solari, è il materiale con cui a San Pedro viene fatto praticamente tutto: le piccole e basse case ordinate, la chiesa, il municipio, i muretti che dividono i terreni… tutto assume quel colore rossastro che da lontano si confonde con quello della sabbia. San Pedro è un’oasi nel deserto, con molti orticelli coltivati, alberi e arbusti verdi che emergono tra i tetti delle case. Lontano, sulla cima dei vulcani, luccicava quasi accecante la neve, in particolare sul Licancabur, la “montagna del popolo” atacameño, venerata e riverita come un dio, che con i suoi 5.916 metri di altitudine è uno dei vulcani più alti al mondo.
Il Licancabur in lontananza @ San Pedro de Atacama
Caracoles @ San Pedro de Atacama
Un muretto in Adobe @ San Pedro de Atacama
La chiesa di San Pedro de Atacama
Una Luna australe @ San Pedro de Atacama
Assedio al forte
La Luna al di sopra del Cerro Quitor
@ Cerro Quitor
La Valle de la Muerte @ Cerro Quitor
La valle del fiume San Pedro @ Cerro Quitor
Il Licancabur sotto un arco del Cerro Quitor. Una curiosità: l’arco di questa foto ha ispirato la copertina del libro.
La “testa di indigeno” che veglia sulla Plaza Quitor
L’entrata per la cueva del diablo @ Plaza Quitor
Una duna di sabbia all’ingresso della Valle de la Luna
I segni del passaggio di acqua nella grotta di sale, Valle de la Luna
A ogni passo la luce si faceva sempre più tenue e, mentre camminavamo da Caracoles all’ostello, le piante a bordo della strada si riducevano a sagome nere contro il cielo. L’azzurro stava lasciando il posto al blu profondo e poi al nero. La notte si avvicinava e con essa alcune stelle iniziavano a fare timidamente capolino, il paesaggio si tingeva di sfumature purpuree dovute alle ultime luci sulla sabbia. Dov’era finito il caldo soffocante? Dove il sole a picco sulle nostre teste? Non avremmo saputo dirlo, pensavamo di trovarci in un altro luogo rispetto a quello di poche ore prima, eppure è così che fa il deserto, spaccato in due mondi diversi dall’alternarsi tra giorno e notte.
Respirare a 4000 metri Guardandomi intorno, per qualche attimo rimasi fermamente convinto di aver sbagliato pianeta: la terra era grigia come l’asfalto, in ogni dove nubi di vapore si sollevavano da fratture scomposte nel terreno. Rivoli arancioni e verdini correvano sulla terra a unire pozze gorgoglianti di acqua grigia e azzurra. Tra le nubi si muovevano strane figure, alcune dai colori sgargianti, altre avevano una gobba più grande del loro corpo e solo i due arti che servivano per camminare.
Il geyser del Tatio all’alba
Il circondario ricco di paja brava (Stipa ichu) del geyser del Tatio
Alcune vigogne (Vicugna vicugna) tra i ciuffi di paja brava che circondano El Tatio
Il Rio Putana, nelle vicinanze di El Tatio
@ Rio Putana
Bolivia – Fenicotteri Rosa La bandiera della Bolivia sventolava con forza, seguendo le gelide raffiche di vento del passo montano, con un andamento irregolare che la faceva sbattere come se ci fossero delle mani invisibili a sgrullarla. Il vento sferzava anche i nostri volti ancora addormentati, mentre decine di gabbiani andini si libravano sfruttandone le correnti. Mi sarei aspettato di vederne qualcuno ghiacciarsi in volo e frantumarsi al suolo come un bicchiere di vetro, ma con mio stupore non accadde
Il centro immigrazione al confine tra Cile e Bolivia
@ Laguna Verde
@ Deserto de Dalì (Pampa Jara)
@ Deserto de Dalì (Pampa Jara)
@ Deserto de Dalì (Pampa Jara)
@ Laguna Blanca
@ Geyser Sol de Mañana
@ Laguna Colorada. Non facemmo altro che rimanere in silenzio a guardare quello spettacolo, probabilmente frutto di sostanze psicotrope che non sapevamo di aver assunto. Alcuni fenicotteri riposavano in fila, come palloni in equilibrio su sottili canne di bambù. Altri camminavano lentamente come sorveglianti intenti a verificare che tutto fosse in ordine tra i letti di quello strano dormitorio. Altri ancora erano indaffarati, chi a mangiare, chi a volare da una parte all’altra della laguna terminando la planata con movimenti aggraziati sul pelo dell’acqua. Il passo dei fenicotteri ricorda quello di chi cammina in punta di piedi per non disturbare nessuno, ma lo stesso non si poteva dire per i giovani esemplari che con le loro sfumature grigie e marroni imitavano goffamente gli adulti, incespicando di frequente nell’intento.
Fenicotteri di james (Phoenicopterus jamesi) @ Laguna Colorada
Fenicottero di james (Phoenicopterus jamesi) @ Laguna Colorada
Fenicottero cileno (Phoenicopterus chilensis)@ Laguna Colorada
Bolivia – Il Pueblo Fantasma
La piccola valle del Río era confinata da bassi promontori dalla superficie spianata, con i versanti che la troncavano di netto. Tra questi, lì dove scorreva il fiume, si trovavano mucchi di sassi e blocchi di roccia levigati dagli agenti atmosferici. Il vento e le intemperie, si sa, sono maestri inconsapevoli dell’arte scultorea e quella mattina avremmo visitato la loro galleria d’arte.
@ Laguna Catal
Folaga gigante (Fulica gigantea) @ Laguna Catal
Lama (Lama glama) @ Laguna Catal
@ Laguna Catal
@ Laguna Catal
Lama (Lama glama) @ Laguna Catal
Il Cañón del Anaconda, un’impressionante spaccatura tra le rocce creata dal fiume Anaconda, andava ben oltre ogni mia aspettativa. Il corso d’acqua che scorreva sotto, tra chiazze di cactus e alberi, sembrava un serpente verde che si snodava nell’abisso, non a caso si chiama Anaconda. E sono proprio quelle sinuosità a raccontare qualcosa del processo geologico grazie al quale quel canyon, così come ogni altro, si è potuto formare.
@ Julaca Attorno a noi c’era solo deserto a perdita d’occhio, con i binari che collegavano i nostri piedi all’orizzonte senza incontrare ostacoli di sorta. Quel posto dava una maledetta idea di malinconia e di abbandono. Almeno in apparenza la scuola era deserta, frammenti di memorie passate erano mescolati alla sabbia, c’erano pezzi di metallo arrugginito e resti di carbone misti a ciò che restava di oggetti di utilizzo quotidiano, pezzi di giocattoli o di piatti rotti.
@ Julaca
@ Julaca
Bolivia – L’alba nel Salar Non me ne accorsi subito, la luce procedeva in maniera lenta, graduale, quasi impercettibile, ma a un certo punto il cielo iniziò timidamente ad accendersi di rosso. All’orizzonte, o meglio dove credevo si trovasse l’orizzonte, si delineò con decisione crescente il profilo nero di una montagna. Iniziai a ritrovare un orientamento mentale ma rimasi interdetto quando la luce del cielo proseguì oltre le pendici al di sotto della montagna. Il rilievo sembrava sospeso in aria, con il cielo rosso sia sopra che sotto la sua sagoma scura.
@ Salar de Uyuni
@ Salar de Uyuni
@ Salar de Uyuni
@ Salar de Uyuni
@ Salar de Uyuni
@ Salar de Uyuni
@ Salar de Uyuni
Il cimitero dei treni @ Uyuni
Il cimitero dei treni @ Uyuni
Il cimitero dei treni @ Uyuni
Il cimitero di Uyuni
Bolivia – Fuga dal Girone Infernale
Sullo sfondo il monte Illimani @ La Paz
Il vulcano Parinacota, al confine tra Cile e Bolivia
Candelabri nel deserto Arica
Siempre Arica
lo dice este Colombiano,
que de una Chilena el se ha enamorado,
que bellas son las tortugas,
que bello su cielo rosado
gracias a la vida che me ha dado tanto
y que viva Chile, mi hermano.
[Alexis Salinas]
@ Arica
@ Arica
@ Arica
Beccaccia di mare del Sudamerica (Haematopus ater) @ Arica
Garzetta nivea (Egretta thula) @ Arica
@ Arica
@ Arica
Cactus candelabro (Browningia candelaris) sulla strada che collega Arica al confine Boliviano
Sulla strada che collega Arica al confine Boliviano
Huemul del nord (Hippocamelus antisensis) sulla strada che collega Arica al confine Boliviano
Canti tra le dune
Il faro costruito per l’inizio del terzo millennio @ Chañaral
Avvoltoio collorosso (Cathartes aura) @ Caleta Pan de Azucar
@ Caleta Pan de Azucar
Avvoltoio collorosso (Cathartes aura) @ Caleta Pan de Azucar
Pellicano del Perù (Pelecanus thagus) @ Caleta Pan de Azucar
Non resistemmo, ci sfilammo le scarpe e camminammo a piedi nudi lungo tutta la spiaggia. La sabbia era fredda e compatta, l’acqua sul bagnasciuga era gelida, le nostre impronte venivano cancellate subito dall’azione del vento e del mare che incessanti avrebbero ristabilito la liscia regolarità della sabbia. Avremmo anche potuto urlare, ma le nostre grida sarebbero state coperte dal frastuono delle onde. Ogni nostra traccia veniva cancellata, era come se noi non avessimo più il diritto di lasciare tracce del nostro passaggio, c’era solo il Mare, indomabile potenza e incontrastabile richiamo.
@ Pan de Azucar
Gabbiani andini (Croicochepalus serranus) @ Pan de Azucar
Gabbiani andini (Croicochepalus serranus) @ Pan de Azucar
@ Pan de Azucar
Un “borsellino delle sirene”, un uovo di squalo o di razza @ Pan de Azucar
@ Pan de Azucar
@ Pan de Azucar
@ Pan de Azucar
@ Pan de Azucar
Comunicazione Urbana
@ Jardin del Corazon
@ Jardin del Corazon
@ Jardin del Corazon
Chelmamüll nel Museo del Arte Precolombino @ Santiago de Chile. Nelle silenziose sale dei seminterrati del museo, numerosi Chelmamüll ci osservavano muti, rappresentando lo spirito di defunti che non erano mai stati in quel luogo e la cultura dei popoli che erano stati spazzati via dalla barbarie conquistatrice.
Rio Clarillo
@ Río Clarillo
@ Río Clarillo
Quisco (Echinopsis chiloensis) @ Río Clarillo
Quaglie della California (Callipepla californica) @ Río Clarillo

Ti servono alcune delle fotografie di Un Mese a Testa in Giù?

Non sono geloso delle mie fotografie, ma se intendi usarle per qualche scopo esterno ti pregherei di farmelo sapere. Tra l’altro se ti occorrono per qualche progetto posso fornirtele anche senza la filigrana con il mio nome e la copertina del libro. Puoi scrivermi nella sezione contatti.

Vuoi saperne di più sul libro?

Nella sezione Un Mese a Testa in Giù di questo sito pubblico gli aggiornamenti e le novità riguardanti il libro. Se sei un giornalista, ti potrebbe interessare il comunicato stampa. E se ancora non ti basta, puoi contattarmi tramite la sezione contatti, sarò felice di raccontarti quello tutto quello che vuoi sapere.

In questo video uscito il giorno della pubblicazione, presento brevemente il libro:

Vuoi acquistare Un Mese a Testa in Giù?

Un Mese a Testa in Giù si può trovare (o ordinare) in tutte le librerie fisiche, ma anche negli store online come Amazon (qui per acquistarlo) e sul sito della casa editrice Libreria Geografica Geo4Map.

2 pensieri su “Tutte le foto di Un Mese a Testa in Giù (a colori)

  1. “Per tre giorni ho vagato senza sosta tra pianure, deserti assolati e aridi, costeggiato rumorose costiere oceaniche,” scalato” dune e pareti rocciose. Ho poi calpestato sentieri sospesi nel vuoto ,distese sconfinate di sale per poi riaprire gli occhi su spettacolose albe e paesaggi mozzafiato. Ho dormito pochissimo e mangiato ancora meno ed infine, stanchissima, ho girato l’ultima pagina del libro. “Ad occhi aperti, stavolta mi sono distesa a rielaborare emozioni che mai potrò vivere, ma che resteranno nel cuore e nella mente come una esperienza ” in presenza” . Luca, sei stato un narratore speciale, appassionato , documentatissimo e un viaggiatore come tutti vorremmo essere. Allora ecco il mio grazie a te e a Sara .:Aspetto la vostra prossima avventura :sono già sul divano….naturalmente vicino “all’oblò” ! Antonietta

    1. Wow Antonietta, grazie mille per queste bellissime parole, sono felicissimo ti sia piaciuto il racconto! 😀

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